EROI GLORIA D'ITALI - Tommaso Mario Pavese - Elogio della fanteria.

6.- Elogio della fanteria.

        A passi cadenzati, taciti, come briganti che vadano a preda, i nostri muovono nella notte verso le trincee: d'intorno i razzi luminosi scagliati di tanto in tanto, da' nostri e da' nemici, sembran fuochi d' artifizio lanciati nelle tenebre, mentre la voce cupa e sorda del cannone scrosciante ricorda ed ammonisce che essi, non segni di allegria, ma sono strumenti preordinati e concorrenti alla strage. - Vanno i baldi militi, il fucile al braccio, la tasca da pane al fianco, e la pioggia spesso li investe per lunghe ore della notte, durante la marcia, circospetta per non scoprire le mosse al nemico: arrivano talora al posto ordinato molli e fradici di acqua, ma non vi è fuoco che li asciughi o panni per cambiarsi: piuttosto ed invece, il povero riparo scavato fra i sassi dalla mano industre de' compagni che li hanno preceduti in linea, è aperto anch' esso all' acqua ed al vento, alla neve ed alla tempesta; ed essi si asciugheranno poi..., se Dio lì scampa, un' altra volta !
        E se per poco il nemico si accorge, giacchè stante la vicinanza --- non è facile nasconderlo, che un tramestio c' è in linea, allora la raffica de' proiettili raddoppia, sia che si abbi il cambio in trincea, sia elle la corvine torni in linea con materiali di difesa, di riparo e di costruzione; ed il soldato deve allora, stanco dal cammino, nuovo del posto, non di rado sostenere, anche in tali condizioni, l'attacco.
        Ma quel Dio che mette in cuore al povero spesso la contentezza che toglie al ricco, quel Dio che trattiene l'uomo desolato sull' orlo dell' abisso, e spesso gli dice: Ancora spera !, quel Dio stesso protegge anche il soldato !... Ed eccolo là, solo nella notte fosca, forse digiuno, fradicio dall' acqua, col rimpianto de' suoi cari lontani nel cuore, eccolo là tra il grandinare della mitraglia, sotto il fischio de' proiettili, fra lo scroscio delle bombarde squarcianti le rocce, eccolo là, come Anteo, riprendere nuovo vigore e nuova forza dal contatto con la terra, e muovere a respingere l' assalto.
        Mano a' fucili, s' inastino le baionette, la nostra artiglieria ci protegge, e l' urto nemico s' infrange. Così vidi i nostri combattere, così vidi che vincevano i nostri.
        Ma per quanto i fatti sono superiori alle parole, per tanto la più alata eloquenza (pur troppo, tutt'altro che la mia !) non potrebbe mai eguagliare la grandezza e la nobiltà della vita di coloro elle la spesero nel compimento di magnanime azioni.
        Salve, o balda e umile fanteria, regina delle vittorie, per tanto più modesta, per quanto più i tuoi meriti ti cingono di gloria; per tanto più oscura, per quanto i tuoi atti di eroismo e di valore ti collocano in luogo luminoso ed alto. E tu, umile artefice della vittoria, eroe ignoto e oscuro di mille sacrificii sconosciuti, martire silenzioso della trincea, tu nulla chiedi: non lucidi gambali, nè sproni; non maestosi chepì, nè graziose bandierine svolazzanti al vento: e tutto soffri, e tutto doni: come l'umile artefice della terra, l'onore, la ricchezza e la libertà alla patria, la santità della vita a noi !
        Viene dalle cento città un suon dì squille; le musiche vibrar per l'aria gl'inni della vittoria: di quella Vittoria che il Carducci voleva vedere

su l'Alpi, splendida
fra le tempeste, bandir nei secoli:
O popoli, Italia qui giunse
vendicando il suo nome e il diritto

e che fu finalmente conseguita quando, or non è molto, puntammo le spade « si, nell'irto increscioso Alemanno », e facemmo nostre le nostre belle contrade assegnateci dal Cielo, raggiungendo così i confini naturali, che Dante Alighieri aveva tracciato sino

a Pola presso del Quarnaro,
Che Italia chiude e suoi termini bagna

Date rintocchi a stormo, o campane; suonate, o fanfare; cantate, o poeti: è la gloria del nome latino, che risorge, trascende i secoli, e va.

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